Si dice che "Passato il santo è passata la festa", e nessuno se ne ricorda fino all'anno successivo, quando un gruppo più o meno folto di "colti" speculatori siede di nuovo a banchettare sulla storia mistificata per decenni. E' inutile continuare, per chi volesse approfondire come il PCI riusciva ad appropriarsi dei "morti altrui" e come l'MSI riusciva a farseli "fregare" può farlo su: www.eccidiodimelissa.blogspot.com. Infangare la memoria di un caduto e come ucciderlo la seconda volta... ed aspettando giustizia e verità vi segnalo un articolo al quanto onesto,( tra quelli usciti per l'anniversario 2011 della strage):
LA TESSERA MANCANTE
di Francesco Spanò (www.strill.it)
C'è una tessera eternamente smarrita nel "mosaico della memoria" della rivolta contadina di Melissa. Vale la pena ritrovarla. Mai si ricorda che sul campo incolto di contrada Fragalà il primo bracciante a cadere sotto i colpi dei celerini fu il ventinovenne fondatore della sezione locale del Movimento Sociale Italiano, Francesco Nigro. E che accanto a questo reduce di guerra e all'altro missino ferito Vincenzo Pandullo non vi furono solo attivisti comunisti e socialisti, ma anche giovani dell'Azione Cattolica e, soprattutto, braccianti senza in tasca alcuna tessera di partito. Perché quella di Melissa fu essenzialmente una spontanea rivolta di popolo, che affratellò nella lotta e, poi, nel dolore un'intera comunità di proletari calabresi in cerca di lavoro e giustizia sociale.
LA TESSERA MANCANTE
di Francesco Spanò (www.strill.it)
C'è una tessera eternamente smarrita nel "mosaico della memoria" della rivolta contadina di Melissa. Vale la pena ritrovarla. Mai si ricorda che sul campo incolto di contrada Fragalà il primo bracciante a cadere sotto i colpi dei celerini fu il ventinovenne fondatore della sezione locale del Movimento Sociale Italiano, Francesco Nigro. E che accanto a questo reduce di guerra e all'altro missino ferito Vincenzo Pandullo non vi furono solo attivisti comunisti e socialisti, ma anche giovani dell'Azione Cattolica e, soprattutto, braccianti senza in tasca alcuna tessera di partito. Perché quella di Melissa fu essenzialmente una spontanea rivolta di popolo, che affratellò nella lotta e, poi, nel dolore un'intera comunità di proletari calabresi in cerca di lavoro e giustizia sociale.
Non divida la memoria ciò che la storia ha unito nel sacrificio!
Sia,anzi, proprio il sangue innocente di Melissa a rammentarci che le grandi conquiste civili e sociali, anche quelle dei calabresi, sono spesso state il frutto del faticoso affermarsi del comune sentire del popolo. E non, come a volte piace credere a noi posteri, l'esito di una furibonda lotta tra fazioni ( classi, partiti, territori...) irregimentate e contrapposte.
Per oltre 60 anni anche i morti di Melissa sono stati benzina dell'odio di parte sparso da molti per l'interesse di pochi. Da un lato la gonfia retorica delle celebrazioni socialcomuniste,dei contadini ( finanche Francesco Nigro ) raffigurati per forza con le bandiere rosse in mano, delle canzoni militanti per cui a Melissa il popolo "coi pugni chiusi saluta le rosse bandiere sui campi". Dall'altro, il colpevole silenzio del Movimento Sociale, a disagio nel rivendicare una vittima troppo difficile da spiegare alla propria comunità politica, sempre in bilico tra socialismo nazionale e reazione, tra "morti di fame" e aristocratici.
Oggi, però, dopo decenni di scontri e feticci che hanno sfibrato e svuotato l'anima degli italiani, è tempo che la memoria si riconcili con la storia e diventi, finalmente, patrimonio di tutti. A Melissa, nel 1949, il popolo fu unito e progredì. Da quel campo insanguinato è forse lecito trarre una lezione di speranza per la Calabria e per l'Italia di oggi.
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